Niccolò Agliardi - Per un po' - Recensione di Giulia
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Cari amici di Caffè Corretto, ecco la quarta recensione di Giulia. Per un po' di Nicola Agliardi edito da Salani
<<Le famiglie affidatarie. Stelle sparse nel buio. Una categoria giuridica per classificare persone che avrebbero voglia di dare affetto per sempre, ma accettano di offrirlo soltanto per un po’.>>
Una storia potente, quella di un genitore affidatario che decide di accogliere in casa un ragazzo con un cuore in frantumi. Niccolò ha 44 anni, è un uomo single e nessuna convivenza all’orizzonte. Federico è appena maggiorenne, è arrabbiato con il mondo e ha vissuto dieci anni in una comunità a nord di Milano. Entrambi odiano le bugie. Due generazioni che si attraggono, si respingono e si arricchiscono a vicenda. Due mondi che per un po’ si incontrano e convivono regalando momenti di comicità e tenerezza. Ma quando una ferita resta aperta le conseguenze possono essere devastanti e il passato può tornare a far male.
Insieme al libro dovrebbe esserci un’avvertenza: maneggiare con cura! Se è vero che in ogni storia c’è qualcosa dell’autore, in questo romanzo c’è la vita di due persone, almeno un po’, che provano a formare una famiglia, almeno per un po’.
Parlare di un libro ispirato a una storia vera non è mai facile, si spera di farlo con il giusto rispetto verso i sentimenti dei protagonisti; la regola fondamentale è astenersi dai giudizi e lasciarsi trasportare dalle emozioni. Il risultato è una lettura catartica e liberatoria, che fa cadere lo sguardo al di là delle colpe.
<<Il destino quasi sempre sente cose che non riusciamo a spiegare e agisce secondo il suo disegno imperscrutabile e misterioso. E a noi non resta che il dannato compito di muovere piccoli passi di sopravvivenza e di costruire attorno alle ferite il resto della vita.>>
La storia di Nicc e Chicco è intima e toccante, fa arrabbiare, commuovere e riflettere; è una spinta emozionale che ci fa abbandonare il libro a malincuore.
La lettura di questo romanzo è una morsa allo stomaco, che rilascia poco per volta emozioni che vanno a sciogliersi in gola. É il risultato di una scrittura organizzata e matura: il come e il quando le cose vengono dette sono gli assi portanti di una struttura armonica. Non a caso la musica è una componente fondamentale del libro. Spesso capita di ritrovarsi in un brano, perché in quell’ascolto le emozioni trovano legittimità, qualcuno le riconosce e le interpreta per noi. La sensazione di essere letti e capiti in qualche modo risarcisce di quel dolore da cui è nato l’ascolto. La stessa cosa avviene con i libri e le persone.
Ma essere capiti a volte non basta a mantenere stabile un rapporto, perché una delle due volontà si deve piegare. Viene da chiedersi: quanto possiamo prendere e quanto siamo disposti a dare?
È una domanda a cui ha dovuto rispondere anche Nicc. Nasce in situazione di criticità. Una parola o un gesto possono unire o disperdere, e sopratutto negli eccessi delle grandi passioni si possono scegliere quelli sbagliati. È una questione di tempo ed equilibrio. Selezionare una parola tra le tante che passano davanti agli occhi in una frazione di secondo, quella giusta per disinnescare una potenziale situazione esplosiva. Il romanzo di Agliardi insegna ad avere pazienza anche quando la bomba esplode; perché la bomba può esplodere lo stesso, indipendentemente da ciò che si fa e si dice; e a volte bisogna restare fermi e lasciare che le cose facciano il loro corso.
L’autore milanese affronta molti temi che meriterebbero di essere approfonditi: l’abbandono, il rifiuto, la solitudine e la necessità di accettazione.
Fa riflettere su argomenti di cui non si parla spesso: il desiderio di paternità e più in generale la questione delle famiglie affidatarie e tutta quella macchina che si mette in moto dietro una pratica di affido.
Tutte questioni che Nicc ha saputo interiorizzare, perché è una persona consapevole del fatto che ha del bene da donare, del passo che sta per compiere, della complessità dell’animo umano e che a volte è necessario affidarsi a qualcuno che sia in grado di offrire aiuto, per riordinare i pensieri e dare un nome ai sentimenti.
<<Il vero motivo per cui sono in terapia da molti anni con la dottoressa Natali è proprio legato al tentativo estremo non più di guarire, ma di convivere con un disturbo d’ansia che annichilisce e disintegra ogni volta che lo si sperimenta. Non conta la memoria o l’esperienza di esserci passato e uscito moltissime volte nel corso della vita. Conta che quando arriva, bisogna riuscire a non averne paura e con un esercizio stremante di empirica autoguarigione, dimenticarselo.>>
La parola magica di questo romanzo è sentimento. A differenza delle emozioni che sono qualcosa di effimero, legate a un momento, i sentimenti guidano le nostre azioni, determinano un modo di essere e ci permettono di accedere a una visione personale della realtà mostrandoci la strada da seguire. La maturità di espressione dei sentimenti e l’autoconsapevolezza permettono a Nicc di uscire dai confini individuali della propria soggettività per arrivare a conoscere Chicco (o quantomeno a provarci).
Ancora grazie a Giulia per le recensioni dei libri in concorso alla X Edizione del Premio Letterario: seguite il suo sito laparolamagica.com